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Biodiversità e frutti antichi di Puglia

La diffusione della frutticoltura industriale ha portato nel tempo alla selezione di cultivar (varietà, ndr) fruttifere che sono state selezionate in base a criteri utili al mercato: la facilità di applicazione delle tecniche di coltivazione meccanizzata, la produzione su larga scala, la resistenza alla manipolazione, la compatibilità con i sistemi e i tempi di conservazione e stoccaggio o i criteri estetici e dimensioni dei frutti.

Inoltre, la scelta di varietà provenienti da altri paesi ha portato rapidamente alla scomparsa di numerose varietà locali delle diverse aree italiane e allo stato attuale non si conosce il numero preciso di varietà che in questo modo sono andate perdute ma è prevedibile che andando avanti così, nel giro di pochi decenni, questo patrimonio potrebbe quasi del tutto scomparire e, con esso, gran parte del patrimonio di conoscenze, usi e tradizioni legate all’utilizzazione dei frutti.

In Puglia sono presenti diverse varietà autoctone, in via di estinzione, caratterizzate da un elevato pregio sia per caratteristiche vegetative, sia per aspetti produttivi.

La nostra regione rappresenta una vera e propria miniera inesplorata per il germoplasma autoctono. Basti citare prodotti rinomati e ricercati come i “fioroni Petrelli”, la “ciliegia Capo di Serpe”, gli “agrumi del Gargano” o il “percoco di Turi”, elementi caratteristici del patrimonio frutticolo pugliese.

Spesso si sente parlare di “biodiversità” o “diversità biologica”, ovvero, l’insieme della diversità delle forme viventi di tutte le fonti, per poi giungere alla definizione di “frutti antichi”, ovvero, l’insieme di quei sapori perduti e che attualmente attraggono gli appassionati quanto l’alta ristorazione, sempre alla ricerca di cibi che raccontano testimonianze di vita, cultura materiale legata alla produzione e trasformazione, usi e tradizioni.

Un interessante guida sul tema è l’ “Atlante dei frutti antichi di Puglia” e la Collezione Regionale del Germoplasma Frutticolo custodito presso il CRSFA (Centro di Ricerca, Sperimentazione e Formazione in Agricoltura) “Basile Caramia” di Locorotondo, dove sono presenti ben 1.200 varietà locali: agrumi (50), albicocco (36), ciliegio (67), fico (324), mandorlo (251), melo (32), pero (235), pesco (52) susino (63), fruttiferi minori come azzeruolo, giuggiolo, corniolo, cotogno, gelso e melograno, noccolo e noce (60).

Questo grande patrimonio di biodiversità si lega ad una curiosità terminologica che spesso suscita qualche sorriso, in quanto, i nomi delle varietà autoctone traggono origine dai luoghi della cultura contadina o dai cognomi e soprannomi delle famiglie che si occupavano della coltivazione.

Nomi di antiche varietà coltivate che riecheggiano nella memoria dei nostri nonni e che hanno fatto la storia della nostra agricoltura e della nostra alimentazione.

E, allora, proviamo a fare un piccolo assaggio di questi frutti antichi che scopriremo meglio nei prossimi viaggi e storie di un Fantagronomo.

Partendo dagli agrumi e dal nord della Puglia incontriamo il “Biondo del Gargano”, maggiormente presente in Contrada San Nicola in agro di Vico del Gargano, l’antichissima “Duretta” del Gargano, conosciuta anche in loco come “arancia tosta squacciata” per via della buccia spessa o il “Femminello”, agrume molto antico e raro in Puglia, oggi prodotti riconosciuti e tutelati con il marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta).

Spostandoci nella BAT e parlando di albicocco ritroviamo il “Cibo del paradiso”, varietà di origine sconosciuta e molto apprezzata in passato per le sue ottime qualità organolettiche; sempre nello stesso territorio ritroviamo la varietà “Due maschere”, originaria dei primi del ‘900 e che prende il nome dalle due facce di colore diverso che assume il frutto nella parte esposta al sole.

Questo è solo un piccolo assaggio dei frutti antichi di Puglia, un patrimonio che potrebbe diventare una vera guida per la ristorazione e alimentazione di qualità.

LINK PER SCARICARE L’ATLANTE: https://www.biodiversitainrete.it/c/artdownload/

Articolo pubblicato su “L’edicola del Sud” nella rubrica “Storie di un Fantagronomo” il giorno 05 gennaio 2022

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COSIMO DAMIANO GUARINI

Cosimo Damiano Guarini, dopo sei mesi e quattro giorni di gestazione fa sapere alla sua famiglia che non si può più perdere troppo tempo nel dolce far niente e così il lunedì 8 agosto 1983 mette piede sulla terra.

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